Le mie letture di gennaio 2024

Come primo mese dell’anno non posso affatto lamentarmi. Sia come qualità delle letture fatte (ho letto generalmente libri bellissimi e appassionanti) ma anche come quantità complessiva, come vedrete. Ho continuato a leggere molta poesia (che sta diventando sempre più il mio genere preferito), come già fatto negli ultimi mesi del 2023.

Ecco di seguito i miei libri letti con relative recensioni.

Verdi, l’italiano, di Riccardo Muti (5 stelle). Un libro che, come pochi, mi ha fatto sentire orgoglioso e privilegiato della mia italianità. Sentir parlare il Maestro Muti del Maestro Verdi è quasi da lacrime agli occhi, da applauso collettivo. Ne traspare tutto l’amore, la fierezza, il dovere, l’impegno nell’interpretare Verdi nel migliore dei modi, senza tradire i suoi ideali. Un libro tecnico ma di facile lettura, molto godibile e appassionante.

Ritorno in Germania, di Hannah Arendt (4 stelle). Leggere Arendt è sempre piacevole ma, soprattutto, stimolante. E per questo do 4 stelle. Tuttavia molte delle sue opinioni in questo breve ma interessante scritto, le ho trovate datate e ormai superate. Erano legittime e altrettanto plausibili le sue analisi quando lei tornò in questo paese devastato da anni di totalitarismo, ma ho trovato le sue parole esageratamente pessimistiche nei confronti della capacità della Germania e del popolo tedesco di rinascere dalla guerra e di essere, perfino, un baluardo di una Europa «federata». Lettura comunque interessante e proficua, specie nell’analisi dell’incapacità (razionale o, a mio modo di vedere, meno) del popolo tedesco, di accettare le proprie responsabilità senza sentirsi oppresso o vittima sacrificale.

Il più felice dei poeti, di W.B. Yeats (4 stelle). Un bel libro di scritti di Yeats, dove sembra di essere proprio lì, nei circoli letterari di Dublino, fra gli artisti, poeti, scrittori e drammaturghi d’Irlanda. Leggere le impressioni letterarie di Yeats è meraviglioso: l’uso della lingua, delle metafore, il modo di analizzare la vita dell’uomo e dell’artista. Un libro che, a modo suo, insegna a vivere, a pensare e a scrivere.

Naviga le tue stelle, di Jesmyn Ward (5 stelle). Un libretto che si legge in dieci minuti, ma che contiene uno spessore umano immenso. Andrebbe letto, e riletto, e analizzato, coccolando le parole dell’autrice, facendole proprie, coltivando da esse la propria speranza, che essa sia di vita o professionale. Un libretto che mi ha infuso coraggio, appunto speranza, che mi ha fatto sentire degno, che mi ha dato motivazione. Un piccolo gioiello.

Lo scaffale infinito, di Andrea Kerbaker (5 stelle). Un libro sui libri, sull’amore per i libri, che scorre attraverso i secoli, un racconto avvincente, che si divora, che appassiona, che fa riflettere ma anche stupire e innamorare. Si va dall’Italia di Petrarca all’Inghilterra di Shakespeare e dei college di Oxford ma, in generale, un po’ in tutto il mondo. Si racconta di collezioni disperse e accumulate, di desiderio di conoscenza e della volontà di dare un continuo futuro ai libri e a tutti coloro che li leggono e li amano.

La vita dentro di sé, di Romain Gary (5 stelle). Uno dei migliori romanzi che abbia mai letto. Sembra di star leggendo Salinger raccontando del suo Holden, ma qui forse c’è ancora più introspezione caratteriale. L’idea di far narrare la storia a un bambino/adolescente si è rivelata geniale ed efficace. Onestà totale e amore, il tutto nella personalità di uomini (e soprattutto donne) delle più degradate periferie parigine. Letteralmente ad ogni pagina ci sono brani su cui ragionare. È un classico che parla all’uomo, al suo dolore, alle sue speranze, alla sua giovinezza perduta.

Una stagione all’inferno, di Rimbaud (5 stelle). Il lavoro poetico più importante di Rimbaud, massimo esponente dei “poeti maledetti” e ciò traspare limpidamente in questo testo, in una sorta di discesa agli inferi dell’anima, dell’esistenza, di un voler sopravvivere, combattendo ferocemente per la vita, sapendo di essere destinati a soffrire, a provare dolore, a sentirselo addosso come la pelle.

Lettere a un giovane poeta, di Rainer Maria Rilke (5 stelle). Una bella e appassionante, seppur breve, raccolta di missive di Rilke a un giovane poeta. Nella maggior parte di queste, a parte la prima, non si parla davvero di scrittura, bensì della necessità della solitudine, di farla propria, di imparare e farsi accrescere dal dolore, facendolo fluire dentro di sé, accoglierlo, non averne paura. Sono consigli di vita intramontabili, esistenziali, che danno pace e speranza e che, in conclusione, possono apparire utili anche per il proprio lavoro artistico e letterario.

La vita comincia ogni giorno, di Rilke (5 stelle). Leggere Rilke, anche nelle sue lettere, è come leggere un poeta di conforto. Le sue parole scaldano il cuore, ispirano la mente, danno pace all’anima. È stato un uomo spirituale, nel senso di profondamente umano e introspettivo nell’essenza stessa della vita umana. Lo leggi e… ti senti pronto a rimettere in gioco (in meglio) la tua vita.

Tre modi per non morire, di Giuseppe Montesano (5 stelle). Un libro suddiviso in tre sentitissime ed emotive analisi: Baudelaire, Dante e i greci. Ciò che l’autore ci vuole esprimere è la capacità della poesia e del pensiero profondo di unire le persone, farle risalire dall’appiattimento emotivo e della società attuale, di portarle a pensare meglio e più intensamente. La poesia – o meglio, i padri fondatori della poesia – ci dicono che la poesia salva, insegna ad amare, a rinascere, a coltivare la vita laddove ci sia morte. Quindi, i padri fondatori della poesia, ci possono aiutare a vivere nella – spesso delirante – società attuale, con i suoi problemi e altrettante opportunità.

Il testamento di Maria, di Cold Toibin (4 stelle). Un bel romanzo breve, che unisce il racconto religioso a una narrazione di fantasia, dove traspare tutta l’umanità, il dolore, la sofferenza di Maria Maddalena, che ricorda la cattura e l’uccisione di suo figlio. L’idea è originale, ben scritta e strutturata, e ho trovato bello l’unire l’aspetto religioso ai sentimenti che fanno parte dell’umanità tutta, duemila anni fa o oggi.

Il colore del vento, di Kuki Gallmann (4 stelle). Una collezione sentita di brevi scritti (non li definirei poesia) della Gallmann sulla sua amata Africa, il suo territorio, ma soprattutto le persone che l’hanno condivisa con lei, e che l’hanno lasciata troppo presto. Come sempre l’autrice, con una scrittura all’apparenza semplice ma anche genuina e scritta con il cuore trasmette la sua capacità di amare, sentire, provare e, infine, rinascere.

Amata scrittura, di Dacia Maraini (4 stelle). Un libro adatto ad aspiranti scrittori o, ancor di più, a scrittori che vogliono migliorarsi, mettersi in gioco. La lettura è piacevole, fa riflettere, fornisce innumerevoli spunti di analisi, di lavoro, di studio. E’ un libro che permette di capire quanto poco si sappia di letteratura e, allo stesso tempo, quanto ci sia da imparare, approfondire, capire, migliorare, per essere un bravo scrittore, che comprenda appieno i meccanismi e le dinamiche della buona scrittura, imparando a farle proprie.

Il razzismo spiegato a mia figlia, di Tahar Ben Jelloun (3 stelle). Un libro molto semplicistico, forse addirittura riduttivo, in alcune parti perfino contraddittorio. Tuttavia dice cose condivisibili e comprensibili in più parti. Un volumetto adatto a introdurre un bambino/adolescente all’argomento razzismo, fornendogli un punto di vista che lo porterà sicuramente a una maggiore inclusività sociale. Letto da adulti risulta decisamente più banale.

Cartoline dai morti 2007-2017, di Franco Arminio (5 stelle). Una sorta di Antologia di Spoon River all’italiana. In parte comica, ma anche tragica e spesso tragicomica. Una collezione lirica e scorrevole che ci ricorda come, in fondo, la morte sia cosa semplice. Anzi, la più semplice di tutte. Parole, quelle di Arminio, che ci insegnano ad amare di più, a vivere meglio e con maggior intensità gli affetti, a stare attenti alle piccole cose. Una raccolta che, narrando di morte, in sostanza parla della vita in ogni sua forma.

I ragazzi che amavano il vento, di Shelley, Keats e Byron (5 stelle). Un libro di poesia, e il miglior libro (o, quanto meno, quello più emotivamente toccante per me) del mese. Se volete leggere un’ottima, per quanto succinta, raccolta di poesie dei massimi esponenti romantici inglesi, leggete questa. Non ve ne pentirete! Nota di riguardo anche per la lunga introduzione alla raccolta: di per se stessa è poesia.

Parigi 1928, di Henry Miller (4 stelle). Il primo libro che leggo di Miller. Pensavo di leggere una sorta di racconto di viaggio parigino, come in qualche modo è stato l’immenso Festa Mobile per Hemingway. E, se inizia così, raccontando dei cafè, degli artisti, del cercare di sopravvivere in una città costosa con un budget risicato, alla fine si trasforma radicalmente. Diventa un viaggio attorno all’Europa, con interessanti considerazioni perfino socio-antropologiche, fino a culminare, nelle ultime decine di pagine, in un costante, insaziabile racconto sessuale, spintissimo, senza alcun pudore, che tuttavia mantiene – lo si scopre alla fine – un senso allo scopo conclusivo di questo romanzo breve. Insomma: Miller in piena regola.

Leggere il Corano nel deserto, di Khaled Fouad Allam (5 stelle). Un libro breve, di facile lettura, con concetti divulgativi ma ampi e con costanti spunti di riflessione. Un testo che ci insegna – anche a noi occidentali – a comprendere meglio, al di fuori delle ideologie, il testo coranico e il mondo musulmano, sapendo, come ci spiega l’autore, che noi oggi – tutti noi – abbiamo bisogno di una società della cultura, che studia, si informa, si amalgama, rinunciando invece a insegnamenti radicali. Il Corano, ci dice questo testo, può e deve essere fonte di studio oltre la religione. Solo così l’Occidente, e il mondo islamico con esso, potranno salvarsi vicendevolmente.

Lettera a un kamikaze, di Khaled Fouad Allam (4 stelle). Se aveste davanti un terrorista pronto a commettere il suo atto, cosa gli direste per disincentivarlo? Questo è lo scopo del pamhplet in questione, dove si analizza l’importanza del confronto e dell’alterità nonché del dialogo fra più persone – dunque dello scambio culturale, quindi religioso -, ma soprattutto della giusta interpretazione del Corano, non come testo da prendere alla lettera (come ogni testo religioso) ma piuttosto come un’allegoria della vita – delle sue sofferenze, gioie, lotte, dubbi.

L’impronta dell’editore, di Roberto Calasso (5 stelle). Un libro magico, trainante, avvolgente. Calasso narra la storia romantica e avvincente di Adelphi, come è nata, quali erano gli obiettivi fondanti, ma sono anche numerose e appassionati le “digressioni” sull’editoria e sugli editori in generale, sul loro lavoro, sul loro impegno, sui loro sogni.

Bobi, di Roberto Calasso (4 stelle). Una piacevole, brevissima biografia, con capitoli spesso di mezza pagina, di uomini che al giorno d’oggi, forse, non esistono più. Non per come viene intesa oggi e veniva intesa in passato l’editoria, ma anche la letteratura, il bisogno di sapere e il sapere di non sapere, quindi leggere, divorare, informarsi, studiare, capire ed evolvere, attraverso una capacità d’analisi e di visione quanto mai attuale, anche in quel primo Novecento in cui il protagonista narrato nel libro visse.

Dalla sublime solitudine, di John Keats (5 stelle). Una raccolta di lettere d’amore che è molto più di ciò. Parole avvincenti, emozionanti, dolorose, estremamente possessive. L’amore inteso come un avvolgimento totale, quasi come a voler dire: o sarai mia, o desidererò soltanto morire. C’è dunque tantissimo amore in queste lettere – intenso, sofferto, estremo, spinto. C’è sofferenza, inquietudine esistenziale, consapevolezza dell’imminente morte e della morte, in fondo, come forma di liberazione. Keats al massimo del suo inquieto romanticismo.

Poesia come arte che insorge, di Lawrence Ferlinghetti (4 stelle). Un libro con alcune brevi forme poetiche e scritti sulla poesia. Da un certo punto di vista è illuminante, squarciante, ispirato. Merita di essere letto da chi ama la poesia, ma anche da chi vuole imparare a conoscerla e capirla senza pretese intellettuali. Rimane interessante lungo tutto lo scorrere del testo, ma alcune parti sono piuttosto ripetitive, più e più volte. Una lettura, in ogni caso, gradevole e genuina.

Il polacco, di J.M. Coetzee (4 stelle). Un bel romanzo breve, che si divora in pochissimo tempo. Si sente la “voce” di Coetzee, e la sua capacità di scavare con lo scalpello nelle emozioni umane più profonde. Il messaggio che trasmette questo romanzo potrebbe essere: l’amore può esistere in moltiplici forme: nella mente, nel corpo, nell’anima e, come ci insegna il “Polacco”, nell’idealizzazione di una donna che non vorrebbe essere idealizzata.

Sacro minore, di Franco Arminio (5 stelle). Una raccolta di scritti brevissimi, quasi istantanei, tra il poetico e il narrativo, tra il pensiero del mattino e l’ultimo prima di addormentarsi. Arminio ci racconta, in breve, di tutto ciò che è sacro nella vita, nel mondo, nell’esistenza dell’uomo e non solo, nell’amore, nella paura, nel vivere una vita… degna. Le sue parole, per quanto brevissime, parlano con semplicità al cuore.

Riflessioni sulla pena di morte, di Albert Camus (5 stelle). Un libro doloroso, quasi fisicamente, perfino da conato di vomito in certi punti, ma da leggere assolutamente. Una riflessione contro la pena di morte, a favore dell’umanità, della compassione, del rispetto della vita anche davanti al dolore e alla sofferenza più estrema.

Piccoli addii, di Giovanni Mariotti (4 stelle). Un libretto di memorie aneddotiche, prese spunto da tempi andati, da oggetti di non più uso comune, con una scrittura sincera, a tratti umoristica, che si sa prendere gioco di sé e del mondo con genuina gentilezza.
Tiene compagnia per un’oretta. Perfetto per chi vuole leggere qualcosa senza alcun impegno.

La prima volta che il dolore mi salvò la vita, di Jón Kalman Stefánsson (4 stelle). Una raccolta di poesie che prende spessore con l’avanzare del testo. Dalla metà in poi assumono spessore, densità emotiva, sincerità e capacità espressiva. La prima parte del libro è dedicata a un racconto dell’autore in cui narra il modo in cui iniziò a scrivere e a pubblicare i suoi lavori, che ho trovato curioso e interessante. Una collezione che mi spinge a voler leggere ulteriori poesie di autori nordici.

Palestine from my eyes, di Shahd Abusalama (3.5 stelle). Un libro interessante per capire la sofferenza e il dramma psicologico a cui sono condannati i palestinesi da ormai decenni dalle forze di oppressione israeliane. L’ho tuttavia trovato molto ripetitivo, e secondo me rappresenta quello che, non sono sicuro, serva in questo momento: lo scontro assoluto piuttosto che il dialogo e, forse, un compromesso. Rimane una lettura necessaria per immedesimarsi nella sofferenza degli ultimi della terra.

Il mondo sia lodato, di Franco Marcoaldi (5 stelle). Un ode a tutto ciò che di miracoloso c’è nella vita, nell’universo, in questo tessuto di mondo nel quale viviamo. Alla morte che è intessuta di vita, al dolore da cui si ricava la speranza, alla bellezza, ai sogni, ai genitori anziani, al tempo perduto, al malessere esistenziale da cui si può trarre luce. C’è moltissimo su cui ragionare in questo dolcissimo poemetto, che si ritaglia uno spazio nel cuore, nell’anima, ti accoglie nei suoi versi, nelle sue rime, nella sua lode a un mondo meraviglioso, perché unico.

Lettere contro la guerra, di Tiziano Terzani (5 stelle – rilettura). Lettere non solo contro la guerra, ma per la vita, la spiritualità interiore, per la connessione con la Natura, con l’Altro, il diverso, il dissimile. Lettere a favore del dialogo, della comprensione reciproca, dell’ascolto prima del parlare. Il miglior testo di Terzani, secondo me. Profondissimo, sincero, necessario e quanto mai sempre più attuale.

Dolore, di V.S. Naipaul (5 stelle). Un libretto che si legge in mezz’ora, totalmente doloroso, straziante – specie se letto in certi specifici momenti della propria esistenza. Un libro che parla del dolore dinanzi alla morte, delle decisioni che prendiamo, delle reazioni che abbiamo. Un racconto sulla morte, ma scritto con una delicatezza e dolcezza non comuni.

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