Le mie letture di febbraio 2024

Febbraio è stato un mese di letture – come i precedenti – sì intenso e pieno, ma in qualche modo anche complicato. Ho percepito maggior stanchezza mentale, e questo mi ha condizionato molto nella scelta dei testi o, per meglio dire, talvolta nell’incapacità di selezionare i testi giusti al momento (e nel giorno) giusto. Ne ho abbandonati diversi fin dalle prime pagine, e questi non verranno riportati di seguito dove, come sempre, appariranno solo le mie letture complete del mese. Se mi seguite da un po’ saprete inoltre che sto leggendo assiduamente ed avidamente poesia, e ne troverete diversi spunti anche nella lista di febbraio…

Il parnaso ambulante, di Christopher Morley (5 stelle). Un romanzo attualissimo. Leggero, appassionante, divertente. Parla dell’amore per i libri, certo, ma anche di sogni, speranze, riscatto, ma soprattutto di emancipazione femminile. La definirei quasi una lettura fondamentale, da leggere per svagare la mente, pur con qualcosa di intelligente sotto gli occhi.

Addio, di Cees Nooteboom (3 stelle, poesia).

Memorie dal campo di un’infermiera zen, di Martina Marchiò (4 stelle).

Leggere e scrivere, di V.S. Naipaul (5 stelle). Un libro suddiviso in due parti predominanti: l’iniziazione dell’autore ai libri e al mondo della scrittura, e la vita coloniale che toglie non solo diritti, ma anche una storia passata a cui fare riferimento per il popolo colonizzato. Queste due condizioni poi, durante tutto il testo, si intersecano e si amalgamano a vicenda, costruendo un racconto appassionante e sincero.

Poesie, rivista letteraria di Nicola Crocetti #22 (5 stelle). La prima volta che leggo questa rivista e sono rimasto folgorato e piacevolmente sorpreso dai poeti proposti, dal loro stile e dalle poesie selezionate. Ideale anche per chi desidera recuperare poeti fuori dai circuiti mediatici più popolari, quanto meno in Italia. Recupererò sicuramente anche gli altri numeri.

La regina di Kabul, di Vauro Senesi (5 stelle). Tanti racconti, scritti in forma narrativa, che alla fine del libro si uniscono come tanti puntini per formare un romanzo: il romanzo di Emergency, di Gino Strada, di chi lotta affinché la pace prevarichi sulla guerra, di chi ha lottato e continua a lottare per un Afghanistan pieno di polvere, detriti, sofferenza e invasioni militari. Viva chi lotta per gli uomini e le donne e i bambini afghani. Viva Emergency!

Fragments: poesie, appunti, lettere, di Marilyn Monroe (5 stelle). Un libro dal quale si colgono la malinconia, la sofferenza, i dubbi interiori, la volontà di riscatto e di migliorarsi, la forza d’animo, l’autocritica, la capacità d’analisi e di visione di sé e del mondo, la dolcezza e la bontà di una Marilyn non comune.

I fantasmi delle biblioteche, di Jacques Bonnet, (3.5 stelle).

Cento luoghi di-versi, un viaggio in Italia, di Franco Marcoaldi (3 stelle, poesia).

Poesie d’amore e di vita, di Pablo Neruda (5 stelle, poesia). Poesie degne di un grandissimo Poeta. L’immensità e la varietà del suo linguaggio, la capacità di creare metafore perfette e “visive”, l’amore inteso come assoluto, avvolgente, totalizzante, pieno e colmo di vita, ma anche di dolore. Le ultime poesie della raccolta, in particolare, mi hanno commosso. Ma in realtà tutta la raccolta è piena di versi da leggere e rileggere, che solo un’anima piena, in qualche modo sofferente, che sa osservare il mondo sia con amore e con occhio critico può produrre.

Strade sterrate per posti sperduti, di Lawrence Ferlinghetti (4 stelle, poesia). Una raccolta di poesie sull’ineluttabilità dell’uomo, sull’insondabilità della vita, su come l’uomo distrugga sé stesso, sul significato della nostra esistenza (se c’è un significato). Il tutto, sempre, con la razionale comprensione del mondo e della vita di Ferlinghetti.

Scoppi urla risate, di Lawrence Ferlinghetti (5 stelle, poesia). Si conferma il poeta più politico che io abbia mai letto. Attacca senza remore, condanna l’umanità che distrugge sé stessa, il capitalismo-fascismo, e tutto quello che, dandoci un apparente progresso, riporta l’uomo al tempo delle caverne, dove forse pure c’era più purezza. Ferlinghetti va studiato, letto, portato in giro nello zainetto.

La verità, vi prego, sull’amore, di W.H. Auden (5 stelle, poesia). Una collezione breve ma intensa. Poesie in cui si parla di amore, e del dolore dell’amore, dell’umanità nelle sue più varie forme, nella sua intrinseca malinconia e solitudine, ma anche del tempo, di come esso sfugga, di come sia impossibile coglierlo, e definisca inesorabilmente la vita dell’uomo.

Grazie, nebbia, di W.H. Auden (5 stelle, poesia). Una raccolta che parla di vita. La gratitudine verso la vita, che si coglie in quasi ogni poesia. Vivere adesso, vivere al meglio, sentire, provare, vedere, gustarsi ogni momento, al massimo, lasciando il silenzio all’eternità della tomba. Poesie che sono un inno all’uomo, al suo progresso, alla sua grandezza ma anche alle sue debolezze. Poesie di una sensibilità non comune.

Lettere a Scottie, di F. Scott Fitzgerald (editore Archinto, 5 stelle). Leggere Fitzgerald è stato, per me, fin dagli anni dell’adolescenza, come ascoltare e dialogare con qualcuno di intelligente, sensibile, ben educato, acuto, consapevole, razionale ma che sa anche essere divertente, e che, soprattutto, mi comprende fino in fondo. Questa collezione di lettere non è da meno.

Il Mullah Omar, di Massimo Fini (5 stelle). Un libro da leggere per comprendere l’ipocrisia occidentale sull’Afghanistan (e tutto il Medio Oriente), sul coraggio guerrigliero dei Talebani e delle varie tribù afghane. Un libro che parla della guerra dell’Occidente non contro il terrorismo (come spiega l’autore, i Talebani non sono mai stati terroristi) ma contro uno stile di vita che noi non vogliamo accettare, che vogliamo cambiare, anzi distruggere, distruggendo così vite, perché non ci piace come esse vivono. Lunga vita al popolo afghano, Inshallah.

Le mie poesie più belle, di Nizar Qabbani (5 stelle). Una collezione di poesie principalmente d’amore (o meglio: sull’amore) da parte di uno dei più importanti poeti arabi laici del ‘900. Poesie scritte con un linguaggio comprensibile ma non banale, che tuttavia si sviluppa e si costruisce con l’avanzamento della raccolta. Poesie spinte, carnali, necessarie per comprendere l’amore al tempo dell’Islam, le sue contraddizioni nonché la forza della ribellione femminile. Una voce, quella di Qabbani, che tutti dovrebbero conoscere e approfondire.

Il silenzio è cosa viva: l’arte della meditazione, di Chandra Livia Candiani (5 stelle). Un libro facile, appassionante e intelligente sull’arte della meditazione. Per comprendere che meditare non significa non soffrire o annullare il dolore, ma saperlo accogliere, divenirne un tutt’uno, ascoltare cosa ha da dirci, farsi assorbire da lui. Un libro lirico, spirituale ma sempre concreto.

Superba è la notte, di Alda Merini (3 stelle, poesia). Non c’è niente da fare: con questa autrice non riesco a entrare in sintonia. Una raccolta appena sufficiente, ma che mi ha lasciato poco. Alcune poesie sono gradevoli, ma molte altre pretenziose, complicate, quasi indecifrabili, arcaiche.

Vita d’un uomo 106 poesie, di Giuseppe Ungaretti (5 stelle, poesia). Una delle migliori collezioni di poesie che abbia mai letto. Ungaretti risalta come un poeta dell’eccellenza italiana. Qui traspaiono i suoi pensieri sulla vita (e spesso sulla morte), la sua inquietudine esistenziale, il malessere della vita, l’amore perduto… e si denota un’evoluzione e uno sviluppo stilistico di anno in anno, di poesia in poesia, che andrebbe studiato a scuola.

Ogni istante è un dono, di Thich Nhat Hanh (3 stelle).

Tutto qui, di Franco Marcoaldi (5 stelle, poesia). Franco Marcoaldi è uno dei pochi, grandi Poeti italiani contemporanei. Coglie la vita, nelle sue sottigliezze, nei suoi dolori, dubbi, ansie, nella sua modernità, nella sua ricerca della quiete, e la narra, con poesie liriche, taglienti, efficaci, mai effimere, mai una parola sbagliata, di troppo, fuori posto. Lo leggi e hai la sensazione che tutto di te – e del mondo – abbia capito. Cose semplici, magari, ma che pochi riescono a cogliere con tale semplicità, candore, con un bisturi così efficace, con una lingua così consona alla poesia che sceglie di usare.

Quinta stagione, di Franco Marcoaldi (5 stelle, poemetto). Questo non è solo un poemetto né un dramma teatrale in forma di monologo. È una lirica da leggere e rileggere, è un classico del poema, è un’Ode al mondo che vive anche senza uomo, e dell’uomo che, per continuare a vivere, deve scontrarsi, dialogarsi, riconoscersi, sforzarsi in un continuo «fecondarsi» in una vita che divenga degna, viva perché profonda, bella nella sua autenticità.

Inni alla notte, di Novalis (3 stelle, poesia). Avevo aspettative altissime su questo libro che purtroppo sono state disattese. Gli inni alla notte sono decisamente superiori ai canti spirituali (dove semplicemente sembra di leggere il vangelo!). Tuttavia mi hanno lasciato con un senso di spaesamento, incompletezza, forse perché in questo testo cercavo delle risposte che non mi sono state date.

Le foglie morte, di Jacques Prévert (4 stelle, poesia). La prima raccolta che leggo di Prévert, e ne sono rimasto piacevolmente soddisfatto. Attraverso il suo linguaggio esprime concetti profondi e universali – come la solitudine, la depressione, la malinconia, il tempo perduto e il tempo conquistato – lasciando, però, al lettore l’occasione di intuire ciò attraverso i suoi versi. Prévert è un poeta che dicendo “poco”, usando parole “semplici”, non abusando delle metafore e della lunghezza dei versi, conduce il lettore verso un viaggio interiore che non può lasciare indifferenti.

Poesie d’amore, di Prévert (4 stelle, poesia). Poesie del sentimento e del vivere comune. L’amore narrato da Prévert è sincero ma non semplice né banale, molto quotidiano, per l’appunto comune. Parla di gesti, di momenti, di istanti di vita quotidiana o, all’opposto, della sofferta mancanza di ciò.

Per Pasolini, di Goffredo Fofi (4 stelle). Un libro che nasce come forma di critica cinematografica e sociale nei confronti dell’artista Pasolini (di cui l’autore non nega mai la profondità creativa, l’intelligenza e il lavoro sociale e intellettuale da lui compiuto). Non mancano le parti in cui lo bacchetta, in cui Pasolini viene accusato di essere entrato a far parte di quel mondo borghese che molto criticava, ma in sostanza, con l’avanzamento del libro, se ne coglie soprattutto il tributo e l’omaggio a uno dei più importanti intellettuali e creativi del ‘900.

Il nostro volto: cento ritratti italiani in immagini e versi, di Franco Marcoaldi e Tomaso Montanari (3 stelle).

Il segreto è dentro di te, di Bettina Lemke (4 stelle). Il libro è veramente semplice, direi quasi che esprima concetti banali, ampiamente conosciuti anche da chi non si è mai avvicinato al mondo della meditazione, come l’importanza del respiro e della presa di coscienza della vita.
Tuttavia do una stella in più perché in qualche modo, forse perché è arrivato nel momento – anzi nell’ora – giusta, mi ha donato pace, un senso di accoglienza e profondità e dialogo con il Sé e con il mondo che nell’ora precedente alla lettura mi mancavano.

L’urlo: Israele e Palestina. La necessità del dialogo nel tempo della guerra, di Tahar Ben Jelloun (4 stelle).

Resteranno i canti, di Franco Arminio (5 stelle, poesia). Secondo me il miglior libro di Arminio.
Colmo di esistenzialismo, di profondo dolore, di attimi di morte e di istanti di vita. Arminio sa cogliere tutto, renderlo comprensibile, dipingerlo di colore, colmarlo d’amore. Le sue poesie, queste ancor di più, ti parlano, ti conducono, ti accettano, ti danno consiglio, sono un abbraccio, sono uno sfogo senza rabbia, sono «lucciole alle due del pomeriggio».

Io so, di P.P. Pasolini (5 stelle). Il primo libro che leggo di Pasolini, e ne sono rimasto folgorato fin dai primi brani. Un linguaggio crudo, onesto, coraggioso senza remore, senza paura, da vero intellettuale, da uomo che ama, cerca e svolge un ruolo attivo nei confronti della Verità.

Bob Dylan, Blowin’ in the wind (Edizioni Clichy, 5 stelle). Un libro breve – come tutti in questa collana -, che si legge in un’oretta, anche meno, ma che trasmette tanto. Certo, se siete alla ricerca di una biografia esaustiva, cercate altrove. Ma, a un costo relativamente modesto, potete farvi un’infarinatura su uno dei maestri della poetica musicale mondiale, che chiunque di noi almeno una volta ha ascoltato. Bella per quanto succinta l’introduzione, specie con aneddoti curiosi in riferimento al conferimento del Nobel. Nella seconda parte, con le citazioni di Dylan, si trovano alcuni aforismi che colpiscono e fanno riflettere.

Sotto le mura di Gerusalemme, di Tano D’Amico (3.5 stelle). Le foto del libro sono significative, “parlano”. Le poesie scelte ben colgono il senso della lotta palestinese. E per questo la sufficienza. Tuttavia la ritengo anche una mezza occasione mancata: avrei gradito un maggior racconto, fosse anche di forma didascalica.

L’italiano è meraviglioso, di Claudio Marazzini (4 stelle). Un libro affascinante, tra lo storico, l’aneddotico e il tecnico, dove vengono anche dati spunti e analisi su alcune terminologie e sul loro corretto (o dubbio) uso. Un libro che ci insegna ad amare l’italiano, le sue origini, la sua evoluzione fin dai tempi di Dante, il suo incontro e scontro con il predominio della lingua inglese. L’autore ci spiega che, la conservazione (anche e soprattutto non rigorosa) di una lingua, passa attraverso i suoi cambiamenti, le sue evoluzioni, il suo apporto alla quotidianità di un popolo, e a quanto quel popolo (in questo caso gli italiani) scelgano di conservarla, usarla o piuttosto mutarla di forma in forma, di epoca in epoca. Viva l’italiano!

Palestina (collana The Passenger, Iperborea, 5 stelle). Il primo libro che leggo di questa collana. Ne ho adorato i reportage: completi, esaustivi, approfonditi, ben ricercati e strutturati. Si parla della condizione di apartheid nella quale vivono i palestinesi, la loro quotidianità, da Gaza alla Cisgiordania, e le continue lotte per liberare il loro popolo dal giogo coloniale israeliano.

Poesie, frammenti, poesie separate, di Guido Ceronetti (3.5 stelle) Chiariamo subito: Ceronetti non lo si legge alle dieci di sera, prima di addormentarsi, dicendosi: leggiamo qualche verso. No, e lo capite immediatamente dopo aver letto due sue poesie. Concettualmente sono molto elaborate (tra le più elaborate che io abbia mai letto), di lentissima lettura per il modo con il quale sono state costruite, per il lessico usato, per la struttura linguistica stessa. Almeno questa raccolta non è di svago, ma anzi va letta, e ogni poesia (per essere almeno vagamente compresa) va riletta e riletta ancora, perfino sottolineata e ricercata in Internet (grazie a questo libro ho imparato almeno il significato di due parole: «erebo» e «tetanìa», oltre a moltissime altre che ora sicuramente mi sfuggono). Ceronetti possedeva dunque una profondissima padronanza della lingua. A tal punto da risultare oggi perfino arcaica (e mi rendo conto di quanto contraddittorio ciò possa sembrare). Quello che io ho notato in questa raccolta è che le sue poesie parlano del dolore della vita. Dell’impossibilità ma anche della ricerca di un vago, irrequieto senso, insito in ogni esistenza umana. Sono poesie dolorose ed inquiete.

Vi lascio di seguito alcuni versi che ben spiegano ciò che voglio esprimere: «E sapere di esser soli e nudi / nel grande male, nell’unica pena». O ancora: «Ma perché queste luci dentro un corpo / che è la più nuda notte della vita? / Se tu lo spacchi non trovi niente / se lo richiudi è un viso infinito».

Rifqa, di Mohammed El-Kurd (5 stelle, poesia). Un meraviglioso libro di poesie (con alcuni saggi finali) per comprendere efficacemente il dolore, la resistenza (e la resilienza) del popolo palestinese nei confronti del sistema di apartheid di Israele.

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