Poesia in prosa: «Come sta la mamma?»

Quando mia sorella e mio padre mi chiedono: come sta la mamma? è come se loro mi stessero chiedendo: a qual punto è il nostro rimorso? Sciacqualo quel tremendo trascorso. Dicci solo che sta bene senza più un capello che sia d’oro senza che la vita più abbia il sapore di un capolavoro. Noi colpevoli di causare in lei la fame, d’averle procurato nei suoi deboli polmoni questo gran male. La solitudine del denaro è il sorriso di satana, è l’odio nell’uomo che fa coccodè dietro una sudicia patina. Ti voglio bene ma a te non presenzio con un fiore nemmeno con la concessione del sacro amore. Le vostre mani sfregolano al lurido richiamo delle monetine che sono più importanti del convivio di qualunque dolore. L’oscurità profonda delle vostre sacrileghe ambizioni clandestine: una ballata in «quest’orgia di piacere» mentre lei l’abbandonate in questo strano male dove l’onda del vostro sporco sangue che abiura il bene si infrange su uno «scoglio d’infinite pene» di cui non v’interessa intessere né i colori né le tele. A qualcuno farebbe bene controllare il proprio conto corrente a mezzanotte come una preghiera al dio che brucia come un brutto male, il male del denaro, e chiedersi se forse un bacio o un abbraccio non avrebbero avuto più valore dell’inchiostro sul vigliacco assegno che strangola come intorno al collo il braccio. La vostra gioia ha radice nel sangue. La vostra estate è causa dell’inverno dell’altrui scontento. Mi chiedono come sta la mamma perché altrimenti colpevoli si sentirebbero. Pronunciano questa falsa litania e se ne lavano le mani come Ponzio Pilato, traditore di Cristo, mentre loro tradiscono il ventre che tutto loro ha dato, ma nulla di questo ormai fa più testo.

Tutti i diritti riservati. @2024 Tiziano Brignoli

Foto di Museum of New Zealand Te Papa Tongarewa su Unsplash

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