Come ho scoperto l’Islam: religione di pace
Il mio studio della religione musulmana prosegue ormai da due anni. Dapprima mi affacciai all’Islam politico (che volendo essere un po’ blasfemi, è come voler approfondire i valori del cristianesimo leggendo dei preti pedofili). Dopodiché, in periodo più recente, ho approfondito l’Islam mistico, dunque quello storico, e infine quello puramente teologico.
Prendiamo come riferimento, in questo articolo, l’Islam mistico, ossia il Sufismo. Quell’approccio alla religione del Profeta Muhammad che attraverso il silenzio, il rigoroso rispetto dei precetti islamici, l’ascesi, la pratica del dhikr (la rammemorazione dei nomi divini) e la ricerca della parte più spirituale che in ognuno di noi sussiste, tenta di trovare un vero contatto con Allah.
E questo è un primo punto che amo di questa religione: non esiste un clero. Non ci sono preti né vescovi né cardinali, figuriamoci papi. Sì, ci sono gli Imam, che però dobbiamo prevalentemente considerare come degli studiosi di religione che semplicemente “indirizzano” il fedele verso la sua autonoma preghiera e devozione a Dio.
Ma nell’Islam non ci sono separazioni o barriere imposte dall’alto: chi crede in questa fede, pregando cinque volte al giorno e seguendo con rigore tutti i cinque precetti (che vanno dalla professione di fede, la Shahada, al digiuno, fino all’Hajj, ossia il pellegrinaggio alla città sacra della Mecca), lo fa attraverso una ricerca interiore e diretta con Allah. Non ci sono intermediari, non ci sono confessioni da fare al prete (uno dei traumi della mia infanzia), non ci sono messe domenicali (ma piuttosto le preghiere del venerdì, giorno sacro per il popolo musulmano).
Veniamo poi a un momento in cui, per la prima volta, ho avuto modo di dire a me stesso: forse un giorno questa religione sarà anche la mia.
Pochi mesi fa mi trovavo a Tangeri, in Marocco, sulle sponde del Mediterraneo, al confine fra Europa e Africa. Volli visitare questa città perché unisce e fonde due aspetti a me molti vicini e cari: la cultura, le tradizioni e lo stile di vita africano (o per meglio dire: nord-africano) tanto quanto islamico. E sapendola una città moderata e abbastanza turistica, speravo di trovare un primo, positivo incontro, verso questi due valori.
E così fu. Soprattutto ebbi modo di “curiosare” all’interno della grande moschea a ridosso del porto, e ciò che vidi (pur già sapendolo) mi stupì e allo stesso tempo mi gratificò: l’interno, oltre alla moquette sul pavimento, sulla quale i fedeli si prostrano per pregare, sembrava null’altro che un magazzino in disuso. Nessuna decorazione, nessun eccesso e, ovviamente, nessun dipinto (poiché nell’Islam è vietata la riproduzione di immagini, quanto meno quelle a tema sacro). Era semplicemente un grande stanzone spoglio dove, secondo la Umma musulmana il contatto con Allah diviene ancora più vicino. (La Umma è la comunità islamica in toto e deriva da Umm, ossia “madre”. Non è bellissimo?). Scrive Mario Boffo che «il senso dell’Islam primigenio» sta tutto qui: nella «semplicità», se non nell’«oblio del tutto al cospetto di Allah».
La moschea è un luogo di purezza e sincerità e devozione. Non di ostentazione.
Quanto sono diverse, le moschee tangerine, dalle nostre chiese, chiesette o cappelle, che anche nei più piccoli paesi o borghi, sono riccamente decorate, scolpite, colme di dipinti preziosi, con altari in prestigioso marmo, con calici e piatti d’oro per l’eucarestia. L’Islam infatti insegna che per trovare, per sentire e per dialogare con Dio l’unica cosa che realmente serve è la profondità del proprio culto religioso. E’ il saper recitare alcuni brani del Corano (tra i quali la Fatiha, la cosiddetta “Aprente”, quindi la prima Sura del Testo Sacro rivelato a Muhammad). E’ il credere nel messaggio coranico, negli insegnamenti del Profeta e – attenzione a questo punto – a tutti i profeti a lui antecedenti. Sì, perché nel Corano viene data molta rilevanza a profeti quali Gesù (soprattutto), ma anche Mosè, Abramo e via dicendo…
Gabriele Mandel, uno dei più importanti Sufi italiani, che fu anche amico e mentore di Franco Battiato, scrisse che il ruolo dei profeti biblici è stato quello di «ammaestramento a rinforzo della missione di Maometto». I quali non contraddicono il suo messaggio, ma piuttosto rendono «definitivo» quello del Profeta dell’Islam, ritenuto il «suggello» di tutti i messaggeri prima di lui venuti.
Questo infatti ci fa capire che l’Islam si è formato, istituito e definito, prendendo moltissimo anche dalle altre religioni monoteiste rivelate. Nella Sura 3 e Versetto 7 del Corano furono «discese» queste parole su Muhammad: «Egli [Allah] ha fatto scendere in te il Libro [il Corano]. Vi si trovano versetti rinforzati, che sono la prescrizione di base [ossia versetti chiari, il cui messaggio è limpido], e altri che possono dare adito al dubbio. Quelli che hanno la deviazione nel cuore e vogliono il dissenso vi cercano ciò che si presta al dubbio».
Non è questo un messaggio chiaro che punta a indirizzare verso valori di pace e condivisione reciproca? Allah ci sta dicendo: studiate, approfondite, non fermatevi alle apparenze del testo, ma cercatene i significati più profondi, più autentici e più spirituali che Io vi ho rivelato. E infatti, sempre nel Testo Sacro islamico, precisamente nella Sura 49 e nel Versetto 13 Allah dice: «Vi abbiamo ordinati in nazioni e tribù, perché vi conosciate a vicenda». Il messaggio qui è chiaro: condividetevi, amatevi, conoscetevi appunto, e lasciate le vostre religioni interagire le une con le altre, perché tutte sono una Mia testimonianza.
Il Corano, inoltre, è un Libro anche profondamente scientifico. Sono innumerevoli i versetti (circa un ottavo dell’intero Testo Sacro) che fanno riferimento al processo della Natura, al significato dell’Universo, al moto del Sole e della Luna, perfino alla nascita primigenia dell’Uomo così come viene intesa dalla scienza (ossia un essere vivente che venne creato dall’acqua, e da lì, nel corso di diversi milioni di anni, si sviluppò in ciò che noi siamo ora). E’ importante sottolineare che questa religione fu rivelata millequattrocento anni fa, e alcune delle cose di cui narra, di quanto detto sopra, le sappiamo e ne abbiamo conferma soltanto da pochi decenni. Il Corano, leggendolo, studiandolo e cercandone spiegazioni critiche (aspetto che ritengo necessario, se non fondamentale) ai suoi innumerevoli significati, è un Libro razionale, direi perfino logico. Ed è questa un’altra ragione che mi ha attirato e coinvolto verso questo immenso mondo di pace spirituale, che è in fondo ciò che professa l’Islam autentico e maggiormente diffuso.
In questi ultimi mesi ho letto circa cinquanta libri in riferimento all’Islam mistico e teologico. Ne ho studiato i precetti (i cosiddetti pilastri della fede), i valori di condivisione e rispetto umano che la Sunna musulmana professa al di là delle ideologie politiche. E’ una religione che mi ha abbracciato (mi piace spesso usare questa metafora, ossia l’Islam come il più caldo, il più avvolgente, il più materno abbraccio), che mi ha donato pace, che ha tranquillizzato il mio animo ansioso e quotidianamente in subbuglio. E’ stata – e continua a essere – una scoperta stimolante e gratificante.
Un ultimo dettaglio: pensiamo al “saluto di pace” della comunità musulmana: il Salam Aleikum. I musulmani non si salutano con forme esageratamente formali, né con banali e insignificanti “Ciao”, ma con parole che significano “La pace sia con te”. Quante volte mi è capitato, a Tangeri, di dire e di ricevere in cambio questo saluto!
La parola “Islam” infatti – il cui significato molti traducono con “Sottomissione a Dio”, quasi come a voler intendere una sorta di totale e sconsiderata esaltazione del fedele verso Allah – ebbene, essa contiene anche la parola “Salam”, che appunto significa pace. Quindi l’Islam non è semplicisticamente una sottomissione a Dio, quanto piuttosto una sottomissione al valore universale della Pace, e quindi alla benevolenza di Allah.
Questo già dovrebbe indirizzare in modo giusto la consapevolezza di chi vuole conoscere l’Islam ma non sa da dove partire. Stiamo parlando di una religione che non rinnega nulla, ma piuttosto certifica e conferma il messaggio divino.
Studiare e approfondire l’Islam – grazie al quale ho imparato a rispettare i precetti di un Testo Sacro che è molto più misericordioso e umanamente conciliante, piuttosto che violento, rispetto a quanto affermano certi politici in televisione – mi ha permesso di riconoscere quanto io avessi bisogno, in un momento di profondo cambiamento nella mia vita, di una spiritualità (che appunto ho trovato nello studio e in una crescente pratica dell’Islam) che mi radicasse in qualcosa di più profondo della mia routine quotidiana, e il Corano, il suo messaggio e non meno importante il Sufismo (da cui tutto, nel mio caso, è derivato) mi hanno fatto questo dono. L’esempio su cui venne fondato e coltivato il Sufismo molti secoli fa, infatti, è la pace in quanto derivazione della sincera fede e pratica religiosa islamica. Ossia un’ascesi mistica e spirituale – alla ricerca più concreta e autentica del divino – che è ortodossa, ma assolutamente non radicale.
E mi piace pensare che, se questo amore, e questa reciproca conoscenza, continueranno, un giorno potrò pronunciare la mia professione di fede perché, già oggi questo posso dirlo, nulla come l’Islam ha dato amore e serenità a una mente che per trent’anni ha vissuto sul costante precipizio del dolore.
Martedì 20 agosto 2024,
Ore 16.50
Qui puoi leggere: cosa ho provato ad ascoltare il richiamo alla preghiera del muezzin.
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Foto di Artur Aldyrkhanov su Unsplash
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