Essay

Meditazioni sul Vuoto

Ogni singola cosa che esiste (o meglio, che ci appare) in questo mondo, non esiste in modo indipendente da tutto il resto – vale a dire che al contempo esiste ma non è esistente in forma assoluta e a sé stante. Tutto è un continuo ed eterno concatenarsi di azione, reazione e conseguenza. Il sé inferiore percepito (ossia l’Ego) non è il Sé universale al quale l’uomo brama; esiste e vive soltanto in relazione a un’unità più grande, che è Dio. E’ per questo che esistono le religioni, ed è per questo che le religioni, se adeguatamente studiate, si parlano vicendevolmente: per condurci a una maggiore conoscenza del divino, attraverso una levigazione del nostro Ego. Se comprenderemo questo, scopriremo anche, in modo quasi folgorante, che tutte le emozioni, tutti gli stati d’animo e tutte le nostre sensazioni, nient’altro sono che una percezione materiale derivante da un corpo materiale. Percezioni finalizzate al nostro essere corporeo, ma di nulla utilità al fine ultimo della nostra Anima.

Ecco perché, come insegna il Buddismo, tutto ciò che esiste in questo mondo velato e parziale, alla fine conduce sempre a un sentimento di sofferenza. Anche le piccole gioie, le piccole soddisfazioni, i piccoli incontri e scambi, hanno in sé almeno un piccolo seme di inquietudine, di sofferenza, di dolore, di ansietà. Solo quando riusciremo a staccarcene; solo quando riconosceremo lucidamente che bene e male – come insegna il Tao – sussistono e coesistono (che sono, in sostanza, la stessa identica cosa nello stesso identico momento) allora sì, potremo trovare la liberazione. E la liberazione è l’immersione e l’abbandono fiducioso in Dio.

A questo punto potremo serenamente e senza ansia meditare sul Vuoto (che non è il niente, ma è l’infinità di Dio – vuota in quanto tutto può contenere – verso il quale tutto vibra e al quale tutto anela). Potremo meditare sulla morte, sulla dissolvenza e sulla vacuità. Questi ultimi due, concetti colmi di una luce serena impossibile da descrivere a parole.

Solo con la preghiera devota, la meditazione costante, il distacco graduale dalle percezioni sensoriali del corpo in quanto membra destinate a finire, sapremo immergerci con stupore, meraviglia e serenità in quell’oceano infinito – senza spazio né tempo né confini – che è Dio. Il Quale è anche infinita saggezza, infinito amore e placidità infinita.

E allora – di mese in mese, di anno in anno, oppure, come è successo a me, attraverso una folgorazione istantanea come un albeggiare fulmineo di pochi secondi – il timore della morte si dissolverà, nella comprensione che soltanto abbandonando il proprio corpo fisico i veli della Realtà ultima crolleranno, e a noi sarà concesso il ritorno alla Verità Suprema. E’ infatti uno dei testi sacri di Dio – il Corano – che ci dice: torneremo a Dio e Lui ci informerà su ciò di cui in vita divergevamo (ossia su ciò che in vita, in quanto uomini, non riuscivamo né potevamo comprendere).

Ti consiglio anche questa lettura circa l’Unità del Cosmo, oppure di come il Corano ci parla (da un punto di vista mistico ed esoterico) del concetto di Paradiso.

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